Un vero privilegio trascorrere alcune ore nell’ abitazione dell’artista Oriana Sartore: non solo risulta facile cogliere i tratti salienti del suo operare; più facile , e più bello ancora, è il potere respirare, in quel luogo, da subito, un’aria particolarissima.
Aria straordinariamente leggera, perché tutto pervade, senza rigide definizioni e confini. Aria straordinariamente gentile, perché in essa vibra la potenzialità di accoglienza e di inclusione di altro, dell’ altro. Aria... straordinariamente sospesa, perché...in attesa sempre. Quasi sempre.
In attesa sono volti, corpi, silhouettes, emersi da faticosi impasti di argilla poi trasformati in terracotta: nessuna fissità del gesto, nè atteggiamento stereotipato che si propongano come conclusione o soluzione di azione o di evento.
Attende, già nel giardinetto davanti alla casa, la bimba che, fra altre zolle di terra, per curiosità e meraviglia, ne ha scelto una; con mani piccole, la solleva e la rivolge, ora, al cielo: offerta sacrificale, o, non piuttosto, ricerca di un contatto, di una corrispondenza, di una risposta o di un semplice riconoscimento di sé ?
Attendono, all’interno, i pensieri girovaghi della “Bambina pensierosa”, i quali, nel loro percorso, forse lungo, forse doloroso, necessitano di una seduta, di braccia e di mani che siano supporto imprescindibile allo sforzo. Stupendamente, perché umana, umanissima, attende, con sguardo lievemente sfuggente, di capire bene, a fondo, quello che l’Angelo le sta dicendo, perfino la Maria di “Annunciazione”: no, non è ancora accettazione totale e totalizzante del messaggio inaspettato e dirompente, perché tale accettazione avrebbe fissato, bloccato la storia, ed invece si tratta di storia tutta da vedere, tutta da scrivere.
Allo stesso modo, i personaggi del ”Presepe” sono colti in un momento della loro storia personale, storia né arrestata né, tanto meno, conclusa, ma in fieri: il loro è un cammino di attesa dell’ incontro imminente con il Cristo nuovo nato. Un cammino verso.
Trame di danza-gioco-vibrazioni musicali, con uguale effetto di movimento in atto, percorrono, affratellandole nella loro diversità, le numerose figurine di “Angioletti”, e le “Donnine”,( queste ultime in attesa anche della sorpresa dei colori, già fantasiosi, qui lasciati scorrere liberi su di esse.), e avvolgono, diventando vortice, la coppia di tangueros.
E cosa sta aspettando, la “Donna africana” pare saperlo bene: sguardo lievemente laterale verso direzione a lei nota; sorriso appena accennato, quasi ammiccante. E’ ininfluente la tua collocazione di osservatore: comunque, lei incrocia il tuo, di sguardo, anche se mai in modo totalmente diretto, poi ti accompagna, ti trascina con se’, verso il luogo da lei voluto, seducendoti proprio con la tranquilla sicurezza di chi sa.
E tranquille, tutte, sono le attese nelle opere di Oriana (un po’ di frenesia solo si avverte in quei bimbi-scoiattoli, che, nel paradiso di un orto- giardino animato d‘arte, si arrampicano sui rami di un albero, ansiosi di giungere alla sommità), trasudano dolcezza. Come di dolcezza vivono i volti di Mercida, Francesca, Marisa, Ilaria, Caterina, Carlo, Giacomo, Ennio ( ritratti a disegno o in tecnica mista di persone sicuramente amate). E’ come se, in tutte le attese di Oriana, in tutti i “suoi” volti ( e anche nel suo propriamente!), in tutte le sue figure, da tempo avessero già messo radici salde e ben evidenti per un osservatore, quell’equilibrio, quell’Armonia, che, penso, possa essere quell’ “oltre inseguito e non sempre raggiunto”, di cui parla la stessa artista quando dice di sé e del suo operare artistico.
E certo, per giungervi, bisogna anche cercare la posizione migliore, capire qual è la visione migliore, per se’ Mi ha colpito, nell’affascinante invasione, da parte delle opere, della casa di Oriana, un dipinto( olio, carboncino, gessetti, sanguigna) non recente:” La visione migliore”, appunto. Bellissimo. Fortissimo nel significato. La visione migliore per Oriana è quella, anomala in un dipinto, ma non certo nell’esperienza di tutte le nostre infanzie, di un gettarsi su un prato, per poi restare, a pancia in su, senza remore, a braccia spalancate, al massimo delle possibilità. E guardare, abbracciare così tutto il cielo, in piena libertà e totale appagamento. Lì, forse, c’è l’ oltre cercato da Oriana, in quella armonia perfetta fra il dentro e il fuori, in un universo in cui tutti i singoli elementi trovano corrispondenza e rafforzamento di senso reciproco fra loro e con l’ insieme tutto.
A me sembra, comunque, che molte opere di questa Artista, ( e spero lei non me ne voglia se, in parte, contraddico il suo pensiero), dimostrino di avere già, per così dire, compreso del tutto, qual’ è “la visione migliore”, abbiano già incontrato l’ armonia.
Perfettamente consapevole e raccolto in sé, pieno di tutto, è l’abbraccio protettivo del figlio da parte di madri-madonne. Armonia, purezza ed essenzialità di forme e di gesto ispirano il raggiungimento dell’equilibrio
perfetto, della totale serenità del distacco, nei “Sufi”, figure evocate, non certo a caso, da mondi e tempi a noi lontani. E luce particolare li illuminano, meglio, essi sembrano emanare. Viene in aiuto una terracotta meravigliosamente patinata, dove, appunto, il colore non è solo colore, ma luce viva. E quel volto di “Re”, in cui la terracotta, invece, sa assumere calore quasi di legno, ( legno disposto facilmente a farsi percorrere da segni-rughe, che originano l’espressione e parlano del moti dell’anima) e ha in sé la potenza e la sicurezza tranquilla di decisioni già prese e ora da attuare, in perfetta serenità, senza riserve( la “regina”, collocata accanto a lui, nel giardino-orto, rende ciò ancor più evidente, nel suo essere più dubbiosa, anzi quasi triste) E ancora...pienamente ricca dell’oltre- finalmente incontrato o solo intravisto, non ha importanza- è la donna di“ Meditazione”. E totalmente salda e sicura, dietro il suo scudo-ventre di legno (recente sperimentazione di Oriana l’ abbinamento legno terracotta) è la splendida “Donna guerriera”.
Infine, quel volto di Cristo nell’opera“ Abbandono al Padre”...Non c’è più dolore, non c’ è traccia di angoscia, solo un’ espressione di avvolgente e grandiosa dolcezza. Dopo il cammino di sofferenza, in quel volto, in quel corpo, la riappacificazione si è totalmente compiuta, l’armonia perfetta tutto ha pervaso. L’oltre agognato è assolutamente raggiunto.
Oriana Sartore, artista e donna dolcissima, da donna e da artista, non smetta mai, neppure lei, di cercare la visione migliore per incontrare il “suo” oltre. Lo troverà e sarà meraviglioso. Perché è già meraviglioso, verso quegli spazi, aver già voluto iniziare il cammino.
(prof. Perina Maria Novella. Commento alle opere dell’ artista ORIANA SARTORE)